-”Nonno, dove mi porti oggi?”- Pietro era impaziente. Il nonno raccontava storie di cavalli e cavalieri, di castelli e di chiese, di città e di uomini, di scrittori e di pittori.
-”Oggi andiamo in un posto speciale, vicino a noi nello spazio ma lontano nel tempo, nel bosco a caccia di cinghiali, alla fonte che ridona la vista, nel rifugio di re e di arcivescovi. Prepariamoci ad una bella passeggiata nel Medioevo.”-
La salita era faticosa ma il bosco era meraviglioso.
-Guardate! Una piccola talpa!- disse Pietro
E il nonno cominciò a raccontare
Anno 773 d.C.
Era un tiepido giorno di primavera, l’erba tenera cominciava a spuntare accarezzando il pelo della piccola talpa e un pallido sole scaldava le sue ossa irrigidite dall’inverno. Si era decisa ad uscire dalla tana e si era appostata su quel che restava di un vecchio tronco di quercia, per godersi la magnifica giornata.

Curiosa, cercava di indovinare ogni minimo movimento e, dal momento che , si sa, le talpe sono miopi, più che osservare ,ascoltava: lo zampillio dell’acqua, il frusciare delle foglie, il rotolare di un sasso spostato dal piede dell’uomo o dallo zoccolo di un animale.
Il piccolo animaletto aveva imparato a riconoscere anche i pericoli : il falco, che maestoso si levava allargando le ali e, scovata la preda, si precipitava ad afferarla senza lasciarle scampo e il lupo affamato, dal fiuto incredibile e dalla vista notturna.

La talpa era abile a scavare tane profonde nel soffice terreno erboso e lì si ritirava per stare al calduccio durante il freddo inverno ma anche per battere in pronta ritirata davanti ai predatori.
Quella mite giornata fu all’improvviso scossa da suoni e rumori: voci di uomini, latrati di cani, zoccoli di cavalli , echi di corni da caccia.
E poi lo vide: un grande cinghiale, il pelo scuro umido di sudore, schiuma di saliva intorno alla bocca. Gli occhi fieri incrociarono per un attimo quelli terrorizzati della talpa prima di fuggire su per il sentiero che portava alla dimora del vecchio monaco.
E dietro di lui cavalli, cani e cavalieri con lance e bastoni.

La piccola talpa uscì dal suo nascondiglio e andò in cerca della sua amica civetta, custode di tutti i segreti del bosco.
-Cosa sta succedendo?- chiese alla saggia civetta.

–I nostri peggiori nemici, gli uomini, hanno organizzato una caccia al cinghiale.-
–E’ un gioco, la caccia ?- la talpa non conosceva ancora il significato di quella parola.
–E’ un gioco crudele e noi animali siamo il premio e le vittime del gioco. Ci catturano per il loro divertimento –
Ma in quel momento si udì un urlo lacerante.
E le voci tacquero.
Nessun guaito di cane o nitrito di cavallo. E nessuna voce d’uomo. Nemmeno un fruscio di foglia o un cinguettio d’uccelli.
–E’ successo qualcosa- disse il lupo, uscito dal folto del bosco. Bisognerebbe andare a vedere. –
–Chiediamo all’aquila. Ha ali silenziose e sguardo acuto. Lei vedrà e ci dirà-

L’aquila ascoltò le richieste e poi partì. Aprì le sue ali magnifiche e volò in cima al Birone per studiare la situazione dapprima da lontano. Poi si avvicinò. Vide il vecchio monaco che consolava un cavaliere e gli lavava gli occhi con acqua di fonte. Vide improvvisamente il cavaliere urlare di gioia e gettarsi ai piedi del monaco.
Vide il cinghiale ormai lontano sulla cresta della montagna.

E udì i racconti degli uomini.
Tornò planando alla piccola radura dove lo aspettavano i suoi amici e raccontò quel che aveva visto e sentito.

Raccontò che il cinghiale, ormai sfinito, vistosi braccato, si era rifugiato all’interno di un piccolo eremo e per il cavaliere che lo inseguiva era stato facile impugnare la lancia per il colpo decisivo: ma lo sguardo, gli occhi rossi di sfida e di terrore del cinghiale, avevano penetrato gli occhi del giovane e per costui era calato sugli occhi il buio più nero e più totale. Non avrebbe più visto il cielo, i contorni delle belle montagne, i dolci pendii delle colline, i laghi dorati dal tramonto, i volti dei compagni che gli stavano muti intorno.
Si diceva che il cavaliere era il figlio del potente re dei Longobardi, padroni delle terre, dei boschi, dei villaggi e del lago. Una tragedia.
Ma il buon vecchio monaco che abitava l’eremo aveva ascoltato il racconto e le suppliche del giovane cavaliere. Si era raccolto in preghiera e tutti si erano messi a pregare insieme a lui quel Dio che avevano appena conosciuto, così potente e buono.

Il monaco si era allora rivolto al principe:
-Tu puoi lavare il buio che c’è in te bagnandoti con l’acqua limpida che scorre nella cripta dell’eremo. L’acqua pura ti ridarà la vista-
E così era stato. La luce era tornata nei suoi occhi.

La talpa, il lupo, la civetta avevano visto poi il gruppo ridiscendere il sentiero e l’aquila lo seguì fino al palazzo sul Barro. Si fece gran festa alla sera e il re , che si chiamava Desiderio, promise di edificare una chiesa sul monte Pedale dedicata a Pietro, principe degli Apostoli, e di renderla grande, ricca e bella.

-”Così nacque san Pietro al Monte e la sua fama fu grande allora ed anche adesso”-