
Fra le chiese del complesso abbaziale compariva nel secolo tredicesimo anche la chiesa di S. Vito, che sorgeva poco distante dal monastero, in un’area forse cimiteriale.
Già il 22 aprile 1498 era stata consacrata la chiesa dei SS. Vito e Modesto come semplice oratorio per la preghiera dei pellegrini gestito dalla confraternita del S. Rosario. Una vera chiesa per la parrocchia non esisteva per cui si utilizzava quella dei monaci, S. Calocero , per le funzioni dei fedeli e non sempre le esigenze di entrambe le comunità si potevano conciliare.
Nel 1571 venne a Civate il Cardinale Carlo Borromeo in visita pastorale e visitò le varie chiese del paese: S. Pietro e S. Benedetto, S.Calocero, SS. Vito e Modesto, S. Andrea di Isella, S. Rocco a Scola , S. Nazaro e Celso alla Santa.
Sotto il suo pontificato si pose la questione del parroco e del rito romano con cui si celebrava da sempre a Civate. San Carlo convinse l’abate di san Calocero della necessità di nominare un curato nella stessa chiesa di S. Calocero, cui affidare la cura d’anime delle 80 famiglie civatesi. Ciò avrebbe liberato i monaci da preoccupazioni diverse dal loro pio esercizio di lavoro intellettuale e di preghiera. Si nominasse per questo scopo un monaco o anche un prete secolare in sua vece. Il primo vicario arcivescovile fu don Cesare Cattaneo, monaco di S. Calocero, che sarà iscritto come parroco solo nel 1580. Lo storico Longoni scrive che ” S. Carlo suggerì all’abate commendatario di eleggere alla cura d’anime , invece di un monaco, un prete secolare, essendo di lui intenzione di stabilire poi nella chiesa parrocchiale il rito ambrosiano. Ma è tradizione che i Civatesi, allorchè udirono che si voleva fare tale riforma, dicessero che volevano essere o Romani o luterani, per cui non si fece ” cangiamento di rito.”
Anche nelle seguenti visite pastorali di S. Carlo e del cugino Federico furono intimate diverse prescrizioni che andarono regolarmente disattese.
La parrocchia di Civate ebbe per S. Carlo, canonizzato nel 1612 grande venerazione ed infatti nel 1676 la comunità ricevette dall’arcivescovo il permesso di costruire una cappella nella chiesa di S. Vito ed è forse in questa occasione che fu collocata la statua del santo in legno dipinto e dorato. Nel 1608 la chiesa parrocchiale era ancora S.Calocero, ma il prevosto di Oggiono settimanalmente istruiva i fedeli in S. Vito che possedeva tre altari, un campanile e il cimitero sul piazzale antistante; allora le famiglie civatesi erano 103.
Nel 600 si fecero parecchi lavori di abbellimento della chiesa sia all’interno che all’esterno, ma essendo troppo piccola per certe celebrazioni, si usava ancora la chiesa del monastero. La coabitazione era quanto mai scomoda e divenne esplosiva quando si scontrarono due caratteri battaglieri come il curato don Livio Bazzana e l’abate Bonvini agli inizi del 1700; scontri prima a suon di prediche e invettive poi a suon di botte. Avvenne che una sera il curato mentre tornava solo a casa , venisse assalito e percosso in modo tale che finì all’ospedale.
La popolazione schierata dalla parte del parroco, incolpò i monaci dell’accaduto e la cosa finì nelle mani dell’arcivescovo che risolse la questione ordinando ai monaci di sborsare 14 mila scudi per rinnovare e ampliare S. Vito e renderla capace per le necessità della parrocchia.
Si deve all’abate commendatario Benedetto Odescalchi nel 1735, l’iniziativa e l’onere della completa ricostruzione della chiesa dei S.S. Vito e Modesto, che divenne parrocchiale per i 900 abitanti di Civate, mantenendo tuttavia il rito romano proprio dell’abbazia. Il progetto era già stato steso nel 1711 dall’arch. Bernardo Quarantino.
La Repubblica Cisalpina portò allo scioglimento dell’ordine degli Olivetani, con requisizione del monastero che fu venduto a privati insieme agli arredi sacri; il simulacro della Beata Vergine Addolorata, opera del primo seicento, e due tele ad olio passarono nella parrocchiale mentre il resto fu venduto al miglior offerente.
Da quel momento venne ad assumere più importanza la Parrocchia e la Chiesa dei SS. Vito e Modesto fu completata con l’abbellimento della facciata nel 1833 (su disegno dell’arch. Bovara ).
La facciata è sormontata da un semplice frontone a timpano e portale barocco al di sopra del quale si apre una finestra rettangolare e più sopra un’apertura a lunetta.
Curiosa la terminazione a cipolla in rame del campanile.

L’interno presenta una sola navata dotata di due ampie cappelle laterali è appena mossa da lesene a ampi capitelli che sostengono un ampio cornicione sopra cui è impostata la tazza quasi circolare( cupola) affrescata con la gloria dei SS. Vito, Modesto e Crescenzia opera del cremasco Angelo Bacchetta mentre il suo giovane figlio Aurelio dipinse sui pennacchi gli Evangelisti e i dottori Ambrogio, Agostino, Gregorio e Gerolamo.(La decorazione interna del 1897 fu attuata grazie a un particolare obolo delle filandiere).
Nelle cappelle laterali sono posti due ariosi altari marmorei e il simulacro dell’Addolorata a sin. e la statua di S. Carlo a dx..Nelle cappelle sono poste anche due statue lignee del primo seicento raffiguranti S. Benedetto a sin. e S. Bernardo a dx., due padri fondatori del monachesimo.
Sopra il presbiterio è affrescato sempre dai Bacchetta la Gloria del Santissimo e lateralmente la Moltiplicazione dei pani e la cena in Emmaus.
Qui trionfa l’altare maggiore in marmi policromi con belle statue di putti e Angeli adoranti in stucco. Dietro si estende il coro ligneo e le moderne vetrate raffiguranti i patroni e in alto la Trinità. Tra gli arredi si distinguono un leggio barocco raffigurante un putto che sostiene il libro, il ciborio ligneo finemente intagliato sopra il fonte battesimale, della seconda metà del seicento sovrastato da una bella tela ottocentesca raffigurante il Battesimo di Cristo.

Il presbiterio comunica lateralmente con due vani rettangolari costruiti in tempi più recenti dove sono collocate tele di epoche diverse, tra le quali si segnala,per l’interesse iconografico, un dipinto del cinquecento (restaurato di recente) con la Madonna con Gesù Bambino che appare ai Santi Nazaro e Celso,e sullo sfondo la chiesa intitolata ai medesimi dove era appunto anticamente collocata la pala.
Negli anni 80 venne rifatto il presbiterio, collocando l’altare in marmo opera della scuola Beato Angelico di Milano(1987).